I buchi neri
(quarta parte)
Singolarità: il centro del buco nero
Nel 1965, il fisico Roger Penrose (Nobel nel 2020) dimostrò che non esiste un oggetto ideale deputato a divenire un buco nero. Non importa quanto sia sferico, o che ruoti o quanta pressione abbia all'interno. Basta che l'oggetto imploda, collassando su se stesso, fino a superare la soglia critica così da deformare lo spaziotempo e creare un proprio orizzonte. Potremmo creare un buco nero persino da un foglio di carta, se fossimo così forti da renderlo molto più piccolo di un atomo. Per fare ciò, avremmo bisogno davvero di tanta ma tanta energia, che non è nella nostra disponibilità. Ma ciò è un limite fisico, non è teoricamente proibito. L'esistenza dei buchi neri è una diretta possibilità fornita dalla relatività generale che, ricordiamo, ci spiega come le masse deformino la struttura spaziotemporale. Siccome lo spaziotempo è deformabile, qualsiasi oggetto dell'Universo, in teoria,può provocare la nascita di un buco nero.
Sappiamo che più ci avviciniamo ad un buco nero, più chi ci guarda dall'esterno vede rallentare il nostro tempo. Noi, al contrario, non noteremmo nulla di insolito nei nostri orologi e nei nostri movimenti. Ma il tempo e i movimenti dei nostri amici, che ci osservano da lontano, ci sembrerebbero accelerati. Varcato l'orizzonte, ci attenderebbe un destino crudele e ciò che riusciremmo a vedere, per un attimo, dell'Universo là fuori è solo un bagliore confuso. Dentro il buco nero, l'enorme campo gravitazionale ci ridurrebbe a forma di spaghetti cioè allungati nella parte del corpo più vicina al centro del buco. Questo destino riguarderebbe ogni singolo atomo del nostro corpo.
Se fossimo così resistenti da non subire alcuna "spaghettizzazione" potremmo scendere fino al centro del buco nero, nella cosiddetta singolarità. Sempre secondo il fisico Penrose (oggi ultranovantenne) al centro del buco nero la curvatura dello spaziotempo è infinita. Ma quando qualche misura risulta infinita, i fisici e i matematici storcono il naso perché è segno che qualcosa non va nei calcoli o negli strumenti utilizzati. E siccome la fisica dentro i buchi neri si può studiare solo con i modelli matematici (non possiamo certamente allungare un metro e vedere cosa succede) vuol dire che forse bisogna cambiare quelli. In poche parole, non possiamo utilizzare la relatività generale di Einstein (che ci spiega la gravità nel mondo macroscopico) per misurare il centro del buco nero perché lì la realtà diventa talmente piccola da riguardare la fisica quantisica e non quella classica. Spazio e tempo a quelle misure diventano insignificanti, è come se evaporassero. Nell'estremamente piccolo, nel mondo quantistico, inoltre, viene meno ciò che regola tutte le leggi della fisica: il principio di causa - effetto. Il prima e il dopo. Tutti questi concetti che ci sembrano intuitivi, nel mondo subatomico non esistono. Di conseguenza, le leggi di Einstein e Penrose non bastano più. E' come se col metro che ci davano a scuola volessimo misurare la circonferenza di una minuscula vite dell'orologio.
La sfida della fisica moderna è proprio questa: trovare delle leggi matematiche che spieghino allo stesso tempo il mondo e il mondo a scala piccolissima. Trovati questi modelli, potremmo davvero calarci dentro l'istante esatto da cui tutto l'Universo ha avuto origine.