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Andromeda

25/02/2025 18:59

Marco Morana

Culture , Science , energia, universo, materia, andromeda, luna, fisica quantistica, atomo, quark,

Andromeda

Sul finire dell'800, ha inizio un periodo di grande dinamismo nell'ambito della fisica. Un'effervescenza che si protrarrà per buona parte del '900 e che vedrà l

Breve storia dell'atomo

(seconda parte)

Sul finire dell'800, ha inizio un periodo di grande dinamismo nell'ambito della fisica. Un'effervescenza che si protrarrà per buona parte del '900 e che vedrà la nascita di importanti teorie destinate a rivoluzionare quanto fin lì conosciuto. Non solo nel solco della fisica classica, in cui spicca la teoria della relatività di Albert Einstein. Ma anche nel mondo microscopico con i quanti di Max Planck. E' una svolta epocale che impegnerà i fisici di tutto il mondo negli anni seguenti. Non senza aspre diatribe fra alcuni massimi esponenti del mondo scientifico.

Proprio al termine del diciannovesimo secolo, risulterà di tutta evidenza che la realtà è un pullulare di particelle piccolissime.

 

Nel 1856 Joseph John Thompson scopre l'elettrone. E intuisce che può trattarsi di un componente l'atomo, avente carica negativa. L'atomo ha carica neutra. Di conseguenza occorreva qualcosa col segno + per neutralizzare la carica. 

L'idea di Thompson, è un atomo panettone in cui gli elettroni sono immersi, come canditi, dentro una massa a carica positiva. 

 

Il fisico britannico è in grado di prevedere l'oscillazione di tali elettroni e calcolarne la radiazione emessa. Tuttavia, i conti non tornano: la frequenza osservata non corrisponde alla radiazione emessa. L'atomo panettone non funziona.

 

Qualche anno più avanti, un giovane ed eccellente fisico sperimentale australiano Ernest Rutherford, mise sul banco di prova l'ipotesi di Thompson.

Scopre che i raggi alfa, emessi dalla radioattività, sono i nuclei dell'atomo di elio. L'esperimento consisteva nello sparare i raggi su una sottilissima lamina d'oro. Avrebbero dovuto oltrepassarla e andare a posizionarsi all'opposto della fonte che li aveva emessi. Ma alcuni di quei raggi tornavano addirittura indietro. Ciò significava che la massa a carica positiva (che attirava i raggi) non fosse distribuita in maniera omogenea su tutto l'atomo, ma concentrata sul nucleo molto compatto. 

Da tale osservazione nasce l'idea dell'atomo planetario: elettroni che girano attorno al nucleo come i pianeti attorno al Sole. Con la differenza che i pianeti orbitano tutti sullo stesso piano, mentre gli elettroni hanno inclinazioni differenti. 

 

Questa ipotesi, sconta un inconveniente. Se l'elettrone si muove, emette radiazione e quindi perde energia. La perdita di energia comporta il collassare sul nucleo in pochissime frazioni di secondo. 

 

Di lì a poco, un altro gigante della fisica di quegli anni, Niels Bohr, si appassionerà agli studi di Rutherford e andrà a lavorare da lui a Manchester, dopo aver seguito, fresco di laurea, Thompson per un breve periodo.

Bohr sa bene che le leggi del mondo macroscopico non sono applicabili alle dimensioni quantistiche, non funzionano. 

La meccanica quantistica suggerisce, sostiene il danese, che l'elettrone può girare solo su orbite ben definite, quantizzate. Fino a che l'elettrone non emette una certa quantità di radiazione non può saltare da un'orbita all'altra. Bohr è capace di misurare l'energia di questa radiazione e intuisce che ciò corrisponde alla frequenze osservate. Ogni elemento della tavola periodica ha la propria frequenza: i salti quantici dell'elettrone fra un'orbita e l'altra. Ed è per questo che, nella scomposizione dello spettro vi sono delle linee colorate intervallate da piccole linee scure. Le linee scure corrispondono al salto quantistico.

Ma perché tutto ciò avviene? Perché queste interferenze, come si spiega? Già a quel tempo, si sapeva che la luce oltre ad essere costuita da fotoni ha anche natura ondulatoria. 

 

Il francese Louis de Broglie, ha un'intuizione che esporrà nel 1924 nella tesi di dottorato. Sostiene che anche la materia ha natura sia corpuscolare sia ondulatoria. Espone all'esame, argomentando che le orbite degli elettroni hanno lunghezze d'onda pari ad un numero intero, pena un'interferenza distruttiva che farebbe collassare la materia. Intuisce che gli elettroni, fatti passare attraverso un doppia fenditura, vanno a creare, su uno schermo, delle frange di interferenza dovute alla natura ondulatoria. E queste frange si creano non solo quando gli elettroni vengono sparati tutti assieme ma anche quando vengono fatti passare dalle fenditure uno alla volta. L'elettrone crea un'interferenza con se stesso non con le altre particelle.

 

L'ipotesi di de Broglie verrà suffragata con un apposito esperimento, detto della doppia fenditura, qualche anno più tardi. Anche con la particelle si formano le frange di interferenza come con la luce.

 

Nel prossimo numero di Andromeda ci occuperemo della concezione atomica attuale.

 

Anche per la stesura di questo articolo mi sono avvalso dei testi e delle video lezioni dell'astrofisico Gabriele Ghisellini.

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